La Grecia è uno stato dell'Europa meridionale, il cui territorio coincide in gran parte con l'estremo lembo sud della penisola balcanica. È considerata la culla della democrazia, del pensiero e della civiltà occidentale.

Confina a Nord con Albania, Macedonia e Bulgaria, oltre che con la Turchia a nord-est.
Il nome originale della Grecia in lingua greca è Ελλάς = Ellás .


Serbia - Dalla Nato alla mafia

Serbia - Dalla Nato alla mafia
mar.27, 2009 in Articoli, Dal mondo

Manifestazione a Belgrado nel 1999 contro i bombardamenti Nato
A dieci anni dai bombardamenti su Belgrado il Paese si ferma per due minuti. Finito il potere di Milosevic si instaura quello dei clan. L’Fbi paragona la delinquenza locale a Cosa nostra
di Pietro Orsatti su Left-Avvenimenti n°12 2009

Dieci anni dopo. Dall’allarme aereo che segnò l’inizio della fine di Milosevic e di un’ipotesi, se non di un sogno, di Grande Serbia. Il 24 marzo del 1999 l’Occidente decise di dare il via alla campagna di bombardamenti sulla Serbia con la scusa di liberare il Kosovo. Italia compresa. Che oggi non ricorda, o meglio non vuole ricordare, i bombardieri A10 con munizionamento all’uranio impoverito che decollavano da Gioia del Colle. Solo per salvare le popolazioni albanesi del Kosovo, si diceva, mentre venivano giù i ponti sul Danubio. Memoria corta. Ma non per chi quei bombardamenti ha subito. Il 24 marzo 2009 la Serbia si è fermata per due minuti per ricordare l’ennesima sconfitta. Dopo quella della frantumazione della Jugoslavia e dell’egemonia di Belgrado sull’area balcanica, dopo l’altra, ancora più dolorosa, dei duecentomila profughi in fuga sull’autostrada Zagabria-Belgrado scacciati dalle loro case dall’operazione Tempesta di tuono del 1995 attuata dal neonato esercito croato (addestrato e armato dagli Usa e da società di contractor privati statunitensi come la Mpri). Travolti da un sogno nazionalista cieco e da una classe dirigente corrotta. Ma che non era solo serba. Due minuti di silenzio. Tanti per la comunità internazionale che quella guerra ha voluto. Pochi per la Serbia che da quella guerra non si è ancora sollevata, smembrata della “provincia Kosova”, umiliata, sradicata. E oggi, come tutta l’area, a subire la crisi economica indotta da un’economia di mercato imposta a forza dai vincitori. Una crisi che, alimentando disagio e disgregazione sociale, sta fornendo carne da macello per una rinascita nazionalista e manovalanza per la criminalità organizzata in salsa balcanica. La piccola e rurale mafia serba, oggi, grazie a dieci anni di disagi sociali e di crisi economica, si è trasformata, secondo un rapporto del Fbi statunitense, in un’organizzazione strutturata e identitaria molto simile a Cosa nostra in Sicilia. E che ha già trovato riferimenti consistenti in organizzazioni criminali internazionali come la mafia e le ’ndrine italiane. Al centro del business, anche a Belgrado, il racket delle estorsioni, il traffico di droga e gli appalti di una “ricostruzione” che si è trasformata in un decennio in un banchetto. Con l’aggiunta della prostituzione e del traffico di esseri umani. Anche questi sono gli effetti della guerra. In dieci anni si è assistito all’affermarsi di un sistema sociale che si basa su strutture di potere parallele rispetto allo Stato e nelle cui mani si concentra il potere economico. E che condiziona pesantemente la politica infiltrandola, ricattandola e dominandola. Il 24 marzo 2009 le sirene del cessato allarme per gli attacchi aerei hanno suonato ancora. Mirko Cvetkovic, primo ministro nazionalista non si è appellato alla diplomazia nello stendere il suo discorso commemorativo. «L’attacco contro il nostro Paese era illegale, contrario al diritto internazionale e perpetrato senza una decisione del’Onu - ha dichiarato Cvetkovic -. I bombardamenti non hanno risolto i problemi nel Kosovo e non hanno aiutato a instaurare la pace e il rispetto delle leggi. Hanno causato pulizie etniche, violazioni dei diritti umani e delle norme internazionali». Come dargli torto riguardando i numeri di quella “guerra lampo”? «Nel corso delle undici settimane di bombardamenti - ha proseguito - 1.002 membri della polizia e dell’esercito e 2.500 civili, di cui 89 bambini, sono stati uccisi. Inoltre, 12.500 persone sono state ferite. I bombardamenti hanno causato danni materiali per circa 22 miliardi di euro». Oggi la Serbia è uno dei Paesi più in difficoltà ad affrontare la crisi globale in atto e con il più alto tasso di diseguaglianza sociale in Europa.


fonte : http://www.orsatti.info/2009/03/27/serbia-dalla-nato-alla-mafia/comment-page-1/

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